Captain Marvel

Non è semplice essere Captain Marvel, ci sono tantissimi motivi per cui un film come questo poteva fallire, il più visibile è l’essere il primo supereroe donna del MCU a prendesti un film solitario, un ruolo ostico che nella controparte DC è toccato a Wonder Woman, ma che vede le due partire da mondi molto diversi.

Sono entrambe donne, ma le due eroine sono divise da un abisso di carta, la regina delle amazzoni infatti può vantare un posto di tutto rispetto all’interno della mitologia del suo universo narrativo, dove è parte assieme a Batman e Superman della cosiddetta trinità, il centro degli eventi narrativi, il nucleo intoccabile. Tuttavia la sua pellicola – molto carina- ruota pesantemente attorno al suo essere donna, con tanto di riferimenti costanti al suo sesso e al suo magico mondo perfetto.

Carol Danvers invece viene dalla borghesia, la sua “carriera” parte dal basso, il suo alter-ego umano ha affrontato ogni tipo di vicissitudine, ha cambiato identità più volte da Miss Marvel a Binary , fino ad ereditare il ruolo di Captain Marvel, che per chi non lo sapesse, originariamente era un alieno Kree di sesso maschile.
Capirete quindi che l’eroina MCU partiva decisamente sfavorita dal punto di vista della fan base, senza la spinta di spettatori che già la conoscevano da prima della scena post-credit di Infinity Wars.

La sua collocazione, fra i due giganteschi progetti dedicati agli Avengers, di certo non era favorevole al 100%, una posizione delicata che è stata ovviamente mitigata dall’ambientazione lontana temporalmente, portandoci negli anni’90 e liberandosi quasi totalmente del peso degli eventi già narrati.

In questo modo gli sceneggiatori hanno potuto concentrare l’attenzione per i dettagli dell’ambientazione, curando i particolari -perfino il cameo di Stan Lee– in modo da renderlo credibile in quel momento storico (nonostante la pecca del riferimento al WI-FI tutta italiana) lasciando il collegamento con il resto del carrozzone Disney all’ultima, telefonatissima scena di raccordo.

La mia espressione quando hanno citato il Wi-FI

Il fulcro di tutto è Brie Larson, che nei panni di Captain Marvel mette in campo tutte le sue abilità, il risultato è un eroina femminile a tutto tondo, è forte,sicura, ironica, ma anche emotiva. Un limite che nel film gioca una parte fondamentale contribuendo alla ricerca di Carol di se stessa, lontana dal guerriero Kree che è stata costretta a diventare.

La dinamica Carol\ giovane Nick Fury è perfetta, una complicità che sembra naturale, tanto che non vediamo l’ora di vedere come si evolverà il loro rapporto in futuro. Poco efficace invece l’utilizzo di Jude Law, il cui personaggio rimane fuori dalla trama che conta, senza lo spessore adatto per venire interpretato con interesse.

Ci si aspettava un film dalla forte componente “femminista”, ma il risultato è molto più grande, c’è spazio per l’amicizia, per la famiglia e per l’ambivalenza che contraddistingue la guerra, il tutto in un film di origini che riesce a intrattenere.

Come già la Marvel era riuscita a fare con Black Panther, anche la storia di Captain Marvel sfrutta in maniera corretta ogni caratteristica dei suoi personaggi principali, andando oltre il mondo dei meri super-eroi e offrendoci qualcosa di più di una semplice scazzottata con effetto nostalgia.

si si ok ecco il gattone

Ancora una volta un plauso alla casa delle idee, che è riuscita a confezionare un titolo in grado rialzarsi davanti agli attacchi dei troll sessisti, affrontare le avversità e uscire vincitore.

E ora scimmia alle stelle per Avengers: EndGame

Marcello Portolan

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