Nello sconfinato catalogo di Netflix da qualche tempo è presente un prodotto Original Made in Corea: Revenger.
Una sorta di Kung fu movie girato dal regista Lee Seung-Won, che in realtà nasconde nemmeno troppo bene il suo reale contenuto, un Bruce Khan show.
L’ex stuntman, ora 50enne, scrive lo script e interpreta il protagonista principale, passando il tempo a far vedere quanto è bravo a menare le mani.

La trama è un puro espediente per concentrare gente da picchiare. Un’isola dove gli stati asiatici portano i loro peggiori criminali a vivere il resto della loro vita. Una sorta di Guantanamo autogestita, dove però la metà della gente non sembra assolutamente criminale e addirittura ci sono bambini.
Su quest’isola arriva l’ex poliziotto – ora criminale – Yul che dopo 10 secondi salva Jin e sua madre da dei malintenzionati (che in teoria dovrebbero essere tutti gli abitanti dell’isola) e viene condotto al villaggio – pieno di gente svalvolata ma all’apparenza pacifica. La bambina cerca vendetta contro il re dell’isola, Khun , che ha ucciso suo padre. Ovviamente anche Yul è intenzionato a vendicarsi di Khun, che ha ucciso la sua famiglia .
in Revenger lo schema sarà quindi quello più semplice possibile, botte a tutti fino ad arrivare al boss finale, da affrontare in classico lungo scontro 1 vs 1 al culmine di un percorso di vendetta e redenzione per il solitario protagonista

Bruce Khan cerca in ogni modo di accattivarsi gli spettatori del pubblico action, ha tutti i colpi in regola per farlo, ma il film non lo supporta al 100%, le coreografie sono buone, ma le inquadrature mancano di quel qualcosa in grado di renderle realmente esplosive e moderne.
Revenger -a differenza del fisico del suo protagonista -è carente sotto praticamente ogni punto di vista. Siamo nel mondo degli action B-Movie, ma qui in alcuni momenti sembra che non ci provino nemmeno a recitare.
Se proprio siete in astinenza da cinema d’azione, un’occhiata potete anche darla
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